POLIAMBULATORIO SPECIALISTICO

Visita endocrinologica

La visita endocrinologica permette di valutare, fare diagnosi e dare indicazioni terapeutiche qualora vi sia il sospetto di patologie del sistema endocrino, ossia della disfunzione delle ghiandole endocrine, responsabili della produzione di ormoni.

 

Le malattie endocrine riguardano pertanto:

  • tiroide (ipotiroidismo, ipertiroidismo, tiroiditi, struma e noduli tiroidei)
  • paratiroidi e patologie ossee relative (ipo o iperparatiroidismo, osteopenia/osteoporosi)
  • pancreas endocrino (diabete mellito)
  • ipofisi (ipopituitarismo, adenomi ipofisari)
  • gonadi (disfunzioni ovariche e testicolari, ipogonadismo)
  • surrene (ipo o ipercortisolismo, adenomi/iperplasia surrenalica)

 

Nel corso della visita verrà raccolta una attenta anamnesi su storia clinica familiare, patologica, alimentare e farmacologica, verrà inoltre eseguito un esame obiettivo generale e altre valutazioni cliniche, non invasive e indolori, a seconda della sintomatologia riferita e della patologia sospettata.

 

Si raccomanda di portare in visione la documentazione clinica precedente (esami ematici, indagini strumentali, altre valutazioni cliniche) e le indagini più recenti.

 

Al termine della visita lo specialista endocrinologo potrà disporre l’esecuzione di ulteriori esami bioumorali e/o indagini radiologiche (ecografia tiroidea, MOC, TAC addome, RMN ipofisi-ipotalamo etc) al fine di completamento diagnostico e impostazione di terapia adeguata.

 

Infine, al termine dell’iter diagnostico, potranno essere indicate altre valutazioni specialistiche, in quanto  molte delle malattie endocrine richiedono un approccio multidisciplinare (chirurgo, cardiologo, ortopedico, oculista etc)

Informazioni Utili

La visita endocrinologica presso la Clinica San Martino è eseguibile solo privatamente o con convenzioni (con assicurazioni e fondi sanitari integrativi, per saperne di più sulle convenzioni). Non è obbligatorio avere la prescrizione medica per questa tipologia di visita ma comunque consigliabile.

PATOLOGIE della TIROIDE

La tiroide è una piccola ghiandola situata alla base della faccia anteriore del collo, anteriormente a trachea e esofago, ed è responsabile della produzione degli ormoni tiroidei (T4 e T3), in grado di garantire le reazioni metaboliche necessarie al buon funzionamento del nostro organismo.

 

Le patologie tiroidee possono riguardare alterazioni della sua funzione (ipotirodismo e ipertiroidismo) e alterazioni di forma/dimensioni (noduli tiroidei e struma).

IPOTIROIDISMO

L’ipotiroidismo è una sindrome, presente nel 5% della popolazione, dovuta ad una insufficiente azione degli ormoni tiroidei a livelli dei vari tessuti; generalmente ciò avviene poiché la tiroide produce una quantità ridotta di ormoni.

L’ipotiroidismo determina uno squilibrio generalizzato poiché causa il rallentamento dei processi metabolici indispensabili per il buon funzionamento dell’organismo e dei suoi principali organi.

Le principali cause dell’ipotiroidismo sono:

  • tiroidite autoimmune o di Hashimoto
  • carenza di iodio
  • farmaci (litio, amiodarone)
  • esiti di intervento chirurgico della tiroide
  • esiti di trattamento radiometabolico per ipertiroidismo
  • ipoplasia o agenesia congenita

I sintomi e segni dell’ipotiroidismo variano a seconda dell’età di insorgenza, durata e entità della patologia; fra questi ricordiamo:

  • intolleranza al freddo
  • incremento ponderale o difficoltà a perdere peso pur in trattamento dietetico
  • aumento di colesterolo ematico
  • indebolimento muscolare e stanchezza
  • bradicardia e ipotensione arteriosa
  • sonnolenza, iporeattività fino a stati depressivi
  • stipsi
  • fragilità di capelli e unghie
  • pallore e secchezza cutanea
  • irregolarità mestruale
  • ritenzione idrica/mixedema sottocutaneo

Semplici esami ematici con misurazione dei livelli di TSH e ormoni tiroidei (in particolare FT4) permettono di diagnosticare l’ipotiroidismo anche iniziale.

L’ecografia tiroidea costituisce un utile completamento, così come il dosaggio di anticorpi anti-tiroide nel caso in cui si sospetti una tiroidite autoimmune.

Il trattamento consiste nella somministrazione di ormone tiroideo, L- tiroxina, per compensare la riduzione di produzione.

Generalmente è necessario proseguire la terapia per tutta la vita, pertanto sono raccomandati periodici controlli al fine di verificare l’adeguatezza del trattamento.

TIROIDITE di HASHIMOTO

La tiroidite di Hashimoto o tiroidite cronica autoimmune è una patologia cronica autoimmune piuttosto comune, causata da un’erronea risposta immunitaria ai danni della tiroide; questa può determinare un danno d’organo che frequentemente si associa a ipotiroidismo (nel 50% dei casi di tiroidite autoimmune). Interessa in particolare donne tra i 30 e 50 anni (10 % delle donne in età adulta).

Si tratta di una malattia a impronta familiare non ereditaria. Tra i fattori di rischio della tiroidite di Hashimoto vi sono:

  • stress
  • esposizione a radiazioni
  • presenza di altre patologie autoimmuni (artrite reumatoide, celiachia, diabete mellito di tipo 1, vitiligine, alopecia etc.)

Nei casi più lievi può essere asintomatica e rimanere silente per anni, in seguito, aggravandosi la patologia, si manifesta con i sintomi dell’ipotiroidismo e con ingrossamento della tiroide (gozzo) e talvolta con sviluppo di noduli tiroidei.

 

Qualora si manifesti in donne in gravidanza, la tiroidite di Hashimoto può comportare aborto spontaneo o parto prematuro e alterare la sviluppo neurologico del feto. Per tale motivo è indispensabile trattare immediatamente l’ipotiroidismo subito dopo la diagnosi.

Sono necessari esami ematici per valutare la funzionalità tiroidea (TSH e ormoni tiroidei) e il dosaggio di anticorpi anti-tireoperossidasi e anti-tireoglobulina, oltre all’ecografia tiroidea.

Il trattamento della tiroidite di Hashimoto implica l’assunzione di terapia ormonale sostitutiva per tutto il corso della vita, dopo accurata valutazione dello specialista durante la visita endocrinologica e nei successivi controlli nel tempo.

Qualora si manifestino sintomi iniziali di ipotiroidismo se vi è familiarità per tiroidite autoimmune e/o altre patologie autoimmuni e se sono presenti altre malattie autoimmuni, soprattutto nelle donne (cinque volte più frequente rispetto agli uomini).

IPERTIROIDISMO

L’ipertiroidismo è una patologia caratterizzata dall’ aumento dei livelli circolanti di ormoni tiroidei (T4 e T3). Si tratta di una condizione patologica che deve essere trattata precocemente e in modo opportuno in quanto determina serie conseguenze sul metabolismo.

Come nell’ipotiroidismo, può essere presente una predisposizione familiare e si presenta con maggiore frequenza nel sesso femminile

Sono molte le cause dell’eccessiva quantità di ormoni tiroidei e sono dovute soprattutto ad un aumento della loro produzione da parte della tiroide.

Fra le cause principali ricordiamo:

  • morbo di Basedow-Graves
  • noduli tiroidei (nodulo iperfunzionante, gozzo multinodulare tossico, malattia di Plummer/adenoma tossico)
  • tiroiditi (virali, batteriche)
  • farmaci (amiodarone, interferone)
  • eccesso di iodio

L’aumento degli ormoni tiroidei a livello ematico determina alterazioni serie del metabolismo dell’intero organismo e del funzionamento dei suoi principali organi.

Sintomi e segni principali sono:

  • perdita improvvisa di peso
  • aumento dell’appetito
  • palpitazioni con tachicardia, aritmia
  • elevati valori di pressione arteriosa
  • ansia, irrequietezza, insonnia
  • tremore fine soprattutto alle mani
  • intolleranza al caldo e sudorazione intensa
  • disturbi intestinali (dissenteria)
  • assottigliamento e perdita di capelli

irregolarità mestruali

Inizialmente è necessaria una analisi accurata della storia clinica e delle condizioni generali del paziente (presenza di tremori, palpitazioni, alterazioni oculari) quindi si procede con valutazione della tiroide tramite palpazione (eventuale presenza di noduli, tumefazione, dolore, calore, etc). La diagnosi richiede anche la misurazione dei livelli ematici di TSH e ormoni tiroidei nonchè del dosaggio di anticorpi anti-tiroide. Frequentemente può essere necessaria una ecografia tiroidea e in alcuni casi anche una scintigrafia tiroidea.

La terapia dell’ipertiroidismo dipende dalla causa, della età del paziente e della gravità del quadro clinico.

Nel morbo di Basedow è generalmente indicata la terapia medica con farmaci antitiroidei (tionamidi); nei casi in cui non vi sia risposta alla terapia medica o recidiva di malattia si ricorre al trattamento radiometabolico  o alla rimozione chirurgica della tiroide (tiroidectomia).

Nel gozzo nodulare iperfunzionante di piccole/medie dimensioni il trattamento di prima scelta è con iodio radiottivo (terapia radiometabolica), diversamente nei gozzi più voluminosi viene proposta la tiroidectomia.

Nelle tiroiditi subacute il trattamento si basa sulla terapia antiinfiammatoria, generalmente con uso di cortisonici.

Morbo di BASEDOW-GRAVES

Il morbo di Basedow è una malattia autoimmune che colpisce la tiroide ed è caratterizzata dalla presenza di ipertiroidismo con aumento del volume della tiroide (gozzo), a cui spesso può associarsi oftalmopatia caratteristica (sporgenza dei bulbi oculari) e raramente dermatite. E’ presente nel 2-3% della popolazione ed è più frequente nel sesso femminile in età adulta.

La diagnosi è posta attraverso esame clinico del paziente a cui si aggiungono il dosaggio di TSH, ormoni tiroidei, anticorpi antitiroidei e ecografia della tiroide.

La terapia medica è volta a ridurre i livelli di ormoni tiroidei circolanti mediante l’utilizzo di farmaci (tionamidi) con azione immunosoppressiva e, generalmente, viene protratta fino alla remissione completa della malattia. Nel caso in cui la terapia medica sia inefficace e nelle recidive si ricorre al trattamento radiometabolico o alla rimozione chirurgica della tiroide.

GOZZO della TIROIDE o STRUMA TIROIDEO

E’ un patologia molto frequente (tra il 10% e 20% nella popolazione italiana) che si caratterizza per l’aumento di volume della tiroide. Questo può essere diffuso o nodulare, a sua volta distinto in “uninodulare” se presente un solo nodulo o “multinodulare” se presenti più noduli. Nel gozzo la funzione tiroidea può essere normale, aumentata o ridotta.

 

Le principali cause dello struma tiroideo sono:

  • predisposizione familiare
  • carenza di iodio
  • tiroiditi

 

Il gozzo, solitamente ben tollerato, può talvolta determinare complicazioni di natura meccanica a causa della compressione degli organi vicini alla tiroide quali trachea ed esofago (dispnea, disfagia) o del suo sviluppo a livello toracico.

 

La diagnosi si basa sulla valutazione clinica (anamnesi familiare, storia clinica, esame obiettivo con palpazione della tiroide), esami ematici (TSH, eventualmente anticorpi antitiroidei) e infine indagini strumentali (ecografia della tiroide, eventuale scintigrafia tiroidea e Tac del collo). L’ecografia della tiroide risulta essere l’esame più indicato per valutare forma, dimensione, struttura, eventuale presenza di noduli  e permette inoltre il monitoraggio nel tempo  della eventuale evolutività di noduli e struma.

 

La terapia dipende dalle dimensioni del gozzo, dalla eventuale presenza di noduli e alterazioni della funzione tiroidea. Generalmente per gozzi molto voluminosi, comprimenti trachea e esofago e con iniziale sviluppo nel mediastino, è indicato l’intervento chirurgico (tiroidectomia totale), previa normalizzazione con terapia medica della funzione tiroidea nel gozzo tossico ossia associato a iperfunzione tiroidea.

OSTEOPOROSI

L’osteoporosi non è una condizione fisiologica dovuta all’invecchiamento ma una vera e propria patologia.

L’osteoporosi è una malattia cronica dello scheletro caratterizzata da bassa densità minerale ossea e deterioramento della struttura dell’osso con conseguente aumento della sua fragilità e rischio di fratture (prevalentemente di polso, vertebre, femore).

L’osteoporosi può essere:

  • primitiva se colpisce donne dopo la menopausa e anziani
  • secondaria se interessa soggetti di qualsiasi età affetti da patologie croniche o in terapia con farmaci che causano demineralizzazione ossea (cortisonici, immunosoppressori, terapie ormonali per carcinoma della mammella e della prostata)

 

Le patologie croniche che possono causare osteoporosi sono:

  • malattie endocrine (iperparatiroidismo, ipertiroidismo, ipogonadismo, iperprolattinemia, ipercortisolismo)
  • malassorbimento (ad es morbo celiaco)
  • malattie sistemiche autoimmuni
  • malattie neuro-muscolari

La diagnosi si basa sull’esecuzione della densitometria ossea o MOC, che permette di calcolare la densità minerale ossea a livello del femore e della colonna vertebrale, la conseguente fragilità ossea e rischio di fratture.

 

La MOC va ripetuta ogni 18-24 mesi al fine di stimare eventuali peggioramenti e l’efficacia dei farmaci anti-osteoporotici.

Nei soggetti affetti da osteoporosi si raccomanda di sottoporsi ad una radiografia della colonna vertebrale, per valutare la presenza di eventuali fratture vertebrali.

 

A completamento sono necessari semplici esami di sangue e urine che permettono di valutare se presenti forme secondarie di osteoporosi.

La MOC è consigliata in tutte le donne in post-menopausa e agli uomini con più di 60 anni se presenti fattori di rischio per osteoporosi.

L’esame è inoltre raccomandato in tutti i casi in cui si sospetti osteoporosi secondaria (malattie croniche o farmaci) e nel caso in cui vi sia riscontro radiologico di demineralizzazione ossea o fratture da fragilità pregresse.

DIABETE MELLITO

Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata dall’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue e si divide in due forme principali (tipo 1 e tipo 2). Questo può essere determinato da una insufficiente produzione di insulina (ossia l’omone che regola il livello di glucosio nel sangue) da parte del pancreas (tipo 1) oppure da una sua inadeguata azione a livello di fegato, muscolo, tessuto adiposo (tipo 2).

Il diabete di tipo 2 è una malattia molto diffusa e la sua prevalenza è in continua crescita.

Vi sono altre forme, meno frequenti, di diabete dovute a difetti genetici, esiti chirurgici e malattie del pancreas, malattie endocrine (ipercortisolismo), farmaci (ad es cortisonici) e diabete gestazionale (insorto in gravidanza)

La concentrazione di glucosio nel sangue si misura con la glicemia.

Nei soggetti sani generalmente la glicemia nell’arco della giornata si mantiene fra i 60 ei 130 mg/dl; a digiuno i valori glicemici possono variare tra 70 e 100 mg/dl. Per valori di glicemia a digiuno superiori a 100 mg/dl è necessario sottoporsi ad ulteriori accertamenti ematici al fine di poter valutare la presenza di alterata glicemia a digiuno o di diabete mellito vero e proprio.

 

Per diagnosticare il diabete è necessario pertanto effettuare un esame del sangue.

 

La patologia viene confermata in presenza di 2 valori di glicemia a digiuno maggiori di 126 mg/dl in 2 giorni differenti o quando il valore di emoglobina glicata è superiore a 6.5% o con una sola glicemia superiore a 200 mg/dl in presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, alterazioni visive etc)

 

Pertanto uno screening volto a identificare la patologia diabetica viene generalmente consigliato a tutta la popolazione, trattandosi di un semplice esame del sangue (glicemia a digiuno) e assolutamente raccomandato a tutti i soggetti a rischio (familiarità per diabete mellito tipo 2 o sindrome metabolica, sovrappeso corporeo, alterata glicemia a digiuno nota).

 

Inoltre spesso la presenza di iperglicemia non dà sintomi e segni, pertanto il diabete è considerato una malattia subdola. Talvolta i sintomi compaiono quando la malattia è presente da anni in quanto la costante presenza di valori glicemici superiori alla norma porta allo sviluppo di complicanze con danno dei vasi sanguigni. Solo nei casi acuti con glicemie estremamente elevate la sintomatologia è caratterizzata da stanchezza, dimagramento, aumento della sete, aumento della diuresi, fino a confusione mentale e perdita di coscienza nei casi più gravi.

Oltre allo screening, sono raccomandati gli interventi per migliorare lo stile di vita; l’attività fisica aerobica di moderata intensità per 20-30 minuti al giorno e la perdita di peso corporeo del 10% riducono l’insorgenza di diabete mellito di tipo 2 del 60%. E’ inoltre indispensabile ridurre i grassi saturi (grassi animali) nella dieta, da sostituire con grassi insaturi (omega3).

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